I Genovesi

Popolo di naviganti ed inventori.



Naviganti, inventori, scopritori, avventurieri, commercianti, l'intraprendenza e il senso degli affari sono caratteristiche radicate nella cultura genovese, da sempre legata al mare e all'innovazione. Oltre ai commerci marittimi, i genovesi si sono affermati come imprenditori versatili, eccellendo nella manifattura tessile, nella costruzione navale e nella creazione di complessi sistemi bancari, fondamentali per lo sviluppo economico della città.

Genova è stata anche una delle prime città italiane a lavorare il jeans, un tessuto resistente prodotto per soddisfare le esigenze dei marinai. Questo spirito creativo e ingegnoso ha reso il popolo genovese un autentico esempio di inventiva e innovazione, influenzando profondamente non solo l'Italia ma anche il resto d'Europa e, infine, il mondo.


Genova di storie e curiosità ne ha tantissime da raccontare e da scoprire, noi qui ve ne raccontiamo alcune:

Bandiera di Genova: il vessillo di San Giorgio e gli inglesi



La bandiera di Genova, nota come Croce di San Giorgio, è caratterizzata da una croce rossa su campo bianco. La Croce di San Giorgio ha le sue radici nel Medioevo ed era usata come simbolo di diverse città europee e ordini religiosi. Adottata ufficialmente tra il XII e il XIII secolo, rappresentava la potente Repubblica di Genova e le sue influenze marittime nel Mediterraneo.
Dal XIII secolo, le navi genovesi, temute per la loro forza, issavano questa croce per distinguersi e dissuadere attacchi nemici. Nel XIII secolo, persino il Regno d'Inghilterra ottenne il permesso di usarla per proteggere le proprie navi dai pirati, pagando un tributo alla Repubblica. Con il tempo, la croce di San Giorgio divenne un elemento centrale dell'identità inglese e venne adottata come simbolo nazionale, fino a essere integrata nell'Union Jack, la bandiera del Regno Unito.
Ancora oggi la Croce di San Giorgio è la bandiera ufficiale di Genova ed è un simbolo di orgoglio cittadino, ma anche di una storia che ha influenzato il mondo oltre i confini della città stessa, con radici che si estendono in tutta Europa.

Le prime Banche



I genovesi non solo eccellevano nella navigazione, ma furono anche grandi innovatori nel commercio e nella finanza.

Genova fu uno dei centri più rilevanti per lo sviluppo delle prime banche moderne: il Banco di San Giorgio, fondato nel 1407, è considerato una delle prime banche pubbliche al mondo. Questa istituzione contribuì a sviluppare tecniche bancarie moderne, come la gestione del debito pubblico della Repubblica di Genova e l'emissione di titoli, diventando così un modello per le banche pubbliche in altre parti d'Europa.

La stabilità finanziaria del Banco e la sua capacità di gestire prestiti, riscossioni e pagamenti lo resero una delle istituzioni più rispettate d’Europa. Genova, grande potenza commerciale e finanziaria, divenne così un crocevia per scambi di denaro e crediti, con una rete che si estendeva in tutto il Mediterraneo e oltre.

Le prime Banche dei Pegni



A Genova nacquero anche le prime banche dei pegni o monti di pietà, istituzioni create per fornire prestiti su pegno ai cittadini meno abbienti, senza applicare interessi esorbitanti.

Il concetto di banca dei pegni, ideato principalmente con finalità sociali, ebbe un grande successo in Italia e si diffuse rapidamente in tutta Europa.

Le prime Assicurazioni



Genova fu pioniera anche nel campo delle assicurazioni marittime. La città, con la sua vasta flotta mercantile, necessitava di proteggere i propri commerci dai rischi di naufragi, pirateria e tempeste. Da queste esigenze nacquero le prime forme di contratto assicurativo, che garantivano il risarcimento dei danni in caso di incidenti. Questa innovazione, sviluppata nel contesto del commercio marittimo genovese, rappresenta una delle prime manifestazioni del moderno concetto di assicurazione.

Il Gioco del Lotto



Anche il gioco del lotto, così come lo conosciamo oggi, ha le sue origini a Genova nel XVII secolo quando nella città si teneva un sistema di scommesse basato sull'elezione dei membri del governo locale, conosciuto come il "Senato". I cittadini scomettevano sui nomi di questi candidati, scelti tra 120 nobili, e venivano estratti 5 nomi, il gioco divenne rapidamente popolare tra la popolazione dando origine a quello che sarebbe diventato l'attuale Gioco del Lotto.

Col tempo, questo sistema si evolse e al posto dei nomi dei candidati si iniziarono ad usare i numeri, mantenendo l'estrazione di cinque numeri su 90. Il gioco si diffonde poi in tutta Italia e oltre.

I primi Blue Jeans



I primi jeans nascono a Genova: il termine "jeans" deriva infatti da "Gênes," il nome francese della città.

Già nel XVI secolo, Genova era un centro tessile di spicco, e i francesi iniziarono a chiamare il tessuto locale "blu di Genova" o semplicemente "jean". I tessitori genovesi realizzavano un tipo di tessuto robusto in cotone o lino, noto come "fustagno" o "tela di Genova". Questo tessuto veniva tinto di blu con indaco, una tintura naturale, per mascherare macchie e segni di usura, rendendolo ideale per marinai e lavoratori grazie alla sua resistenza e convenienza economica.

Esportato in Inghilterra e poi in America, il tessuto ispirò Levi Strauss e Jacob Davis dove, nel XIX secolo, i Signori Levi Strauss e Jacob Davis svilupparono i "blue jeans" moderni come li conosciamo oggi, aggiungendo i caratteristici rivetti di rame per rinforzare le tasche. Tuttavia, l’uso della stoffa e l’idea dei pantaloni da lavoro in tessuto resistente erano già diffusi a Genova secoli prima. Possiamo quindi affermare che l’ispirazione originaria di uno degli indumenti più popolari al mondo affonda le sue radici nei porti e sulle navi del "blu di Genova ".

Genovesi "Avari"



Il fatto che Genova fosse un centro di innovazione finanziaria e un luogo dove il denaro veniva gestito con grande attenzione e parsimonia ha probabilmente contribuito a creare lo stereotipo dell'avarizia. I genovesi, infatti, erano noti per la loro capacità di risparmiare e di gestire le risorse in modo oculato, cosa che li rese molto ricchi e potenti nel tempo.
Questa reputazione venne rafforzata anche dal modo in cui i genovesi si rapportavano al commercio e agli affari. In una città in cui il successo dipendeva dalla gestione efficiente delle risorse, l'attenzione al denaro era vista come una virtù, non come un difetto. Tuttavia, all'esterno, questa caratteristica poteva essere percepita come "tirchieria".
In sintesi, il motivo per cui i genovesi sono talvolta considerati "avari" deriva da una lunga tradizione di gestione economica prudente e innovazioni finanziarie che hanno reso la città ricca e influente. Tuttavia, dietro questa etichetta c'è una storia di grande ingegno e imprenditorialità, che ha avuto un impatto duraturo su molte istituzioni economiche e finanziarie che usiamo ancora oggi.

La prima Vespa



La Piaggio, fondata a Genova nel 1884 da Rinaldo Piaggio, iniziò costruendo arredamenti navali per poi espandersi in diversi settori, come il ferroviario e l'aeronautico. Durante la Prima Guerra Mondiale si concentrò sull'industria aeronautica, ma nel dopoguerra i figli di Rinaldo, Enrico e Armando, decisero di puntare sulla mobilità individuale. Da questa visione nacque la Vespa, progettata dall'ingegnere Corradino D'Ascanio per essere pratica e accessibile, con caratteristiche come il cambio sul manubrio e uno scudo protettivo.
Il 23 aprile 1946 venne brevettata la Vespa, il cui primo modello, da 98 cc, raggiungeva i 60 km/h. Distribuita inizialmente attraverso i concessionari Lancia, la Vespa divenne subito un successo, con 2181 esemplari venduti nel 1946 e oltre 10.000 l'anno successivo. Negli anni è diventata un'icona, protagonista di film, canzoni e raduni in tutto il mondo, simbolo di stile e libertà su due ruote.






Paganini Rockstar



Nel cuore di Genova, il 27 ottobre 1782, nasceva Niccolò Paganini, un talento musicale straordinario destinato a rivoluzionare la musica e diventare la prima "rockstar" della storia. Il padre, coltivava per lui un sogno: farne un grande musicista. Così, lo sottopone a un rigoroso regime di studio, trasformando il figlio in un prodigio del violino. Secondo una leggenda, un essere soprannaturale appare alla madre in sogno, promettendole di esaudire un suo desiderio per il figlio. Lei chiese che Niccolò diventasse il miglior violinista di tutti i tempi.
Paganini incantava le folle con la sua maestria e il suo stile ineguagliabile, capace persino di eseguire un intero concerto su una sola corda. La sua musica creava un'aura di mistero: si diceva, per esempio, che fabbricasse le corde del violino con le budella delle sue amanti, o che aveva perfezionato il suo talento durante lunghi anni di prigionia (in realtà, Paganini trascorse solo pochi giorni in carcere, vittima di un inganno ordito da una donna di cui si era innamorato).
Le storie su di lui si moltiplicavano: un critico arrivò a sostenere di aver visto il diavolo muovere il suo archetto durante un concerto. Tuttavia, Paganini non da meno contribuì a far parlare di sé: grande giocatore d'azzardo, perse il suo primo violino al gioco, e dovette sostituirlo con quello che divenne il suo leggendario “Cannone”, un prezioso Guarneri del Gesù. Ebbe molte relazioni, ma il suo unico vero amore era il figlio Achille per il quale era un padre inaspettatamente tenerissimo e amorevole.
Paganini non si piegava di fronte al potere. Trattò da pari Elisa Bonaparte (sorella di Napoleone e sua amante), e quando re Carlo Felice gli chiese un bis, rispose con la celebre frase “Paganini non ripete”. Questo “mostro” di talento, con il suo aspetto affascinante e oscuro, attirava ammirazione e timore, anche per il suo spirito libero e anticonformista. In un'epoca molto diversa dalla nostra, Paganini fu forse il primo musicista a far impazzire i fan in tutta Europa con un'intensità tipica delle grandi rockstar odierne.
Negli ultimi anni di vita, Paganini perse la voce e comunicava attraverso suo figlio Achille. Non era un miscredente, ma quando un prete gli propose i sacramenti, rispose ironicamente che avrebbe scritto i suoi peccati su una lavagnetta per poi cancellarli. Questo portò il sacerdote a pensare che si stesse prendendo gioco di lui, e il vescovo di Nizza ne vietò la sepoltura in terra consacrata. Il corpo imbalsamato giacque quindi per anni nello scantinato della casa dove morì. Oggi riposa al cimitero della Villetta a Parma.